Lo Zighinì è un piatto unico della cucina nord-africana, molto diffuso in Eritrea, in Somalia e in Etiopia.
È uno spezzatino saporito e gustoso preparato con carne di manzo (o di agnello oppure di pollo), il quale viene aromatizzato con una miscela di spezie chiamata berberé.
Lo spezzatino di carne viene cotto a lungo ed a fuoco dolcissimo con pomodori, cipolle ed aglio.
Viene servito con pane injera.
Il pane injera è un pane piatto tipico della cucina etiope, di forma circolare, simile per forma ad una focaccia o ad una piadina.
Viene preparato a partire da un cereale locale, il teff, coltivato fino a tempi recenti unicamente nel Nord-Est tropicale del continente africano.
Il pane injera è presente nell’alimentazione di tutte le famiglie africane.
La particolarità dello zighinì consiste nel fatto che la pietanza viene portata alla bocca con l’utilizzo delle sole mani.
Al posto delle posate viene utilizzato il pane injera che viene adoperato sia come cucchiaio per raccogliere lo zighinì, sia come piatto sia come tavola su cui appoggiare la pietanza.
Il pane ha una consistenza spugnosa ed un gusto leggermente acidulo, determinato dalla sua lenta fermentazione.
Lo zighinì viene spesso accompagnato da fagioli, da ceci o altri legumi, da riso, da verdure oppure da salse.
Per lo spezzatino di carne:
1,3 kg di manzo (o agnello oppure pollo) tagliato a bocconcini di circa 1 cm, 2 grosse cipolle, 2 spicchi d’aglio grandi, acqua tiepida ½ bicchiere, 4 cucchiai di burro chiarificato, da 1 a 3 cucchiai di berberé (a seconda delle preferenze personali), 1 kg di pomodori pelati, 300 ml di passata di pomodoro, 4-5 cucchiai di burro chiarificato (o di olio di semi di girasole), sale.
Per il pane injera:
500 g di farina di teff (disponibile nei negozi etnici o bio più forniti o in quelli di prodotti internazionali), 5 g di lievito secco (o 10 g di lievito di birra fresco), circa 425 ml di acqua tiepida, circa 250 ml di acqua calda, 1 cucchiaino raso di bicarbonato, ½ cucchiaino da caffè di sale.
Per la cottura del pane injera:
burro per ungere q.b.
PROCEDIMENTO
PREPARAZIONE DELLO ZIGHINÌ
Sbucciare le cipolle, sciacquarle e tritarle finemente.
Pelare gli spicchi d’aglio poi tritarli.
Mettere in un tegame le cipolle e gli spicchi d’aglio.
Coprirli completamente con acqua e con stufarli a fuoco dolcissimo.
Dopo circa 10 minuti, appena cipolle ed aglio si saranno ammorbiditi, aggiungere il burro chiarificato un paio di mestoli di acqua calda e 1 cucchiaio di berberè.
Proseguire la cottura per altri 10 minuti, poi assaggiare per vedere se il gusto è sufficientemente speziato o se è necessario aggiungere dell’altro berberè.
Aggiungere i pomodori pelati sminuzzati, la passata di pomodoro e altri 2 mestoli di acqua.
Insaporire di sale e lasciare sobbollire, a fuoco medio, ancora per 15-20 minuti o finché la salsa non si sarà addensata.
Togliere il tegame dal fuoco e con un frullatore ad immersione ridurre i pelati in purea.
Riportare la salsa sul fuoco ad aggiungere la carne.
Lasciarla cuocere a fuoco basso e a tegame coperto per circa 2 ore, mescolandola ad intervalli regolari e aggiungendo, al bisogno, dell’altra acqua calda.
A cottura ultimata, lo zighinì dovrebbe avere una consistenza densa e corposa.
Trasferirlo nei piatti ed accompagnarlo con riso pilaf e fagioli precotti.
In Etiopia lo zighinì viene servito su un disco di pane injera che viene utilizzato come piatto e come cucchiaio con il quale raccogliere lo spezzatino.
PREPARAZIONE DEL PANE INJERA
Setacciare la farina di teff.
Se non è reperibile, sostituirla con un mix formato da 190 g di farina di mais, 190 g di farina 00 e 120 g di farina integrale.
In una ciotola capiente sciogliere il lievito in 250 ml di acqua tiepida.
Aggiungere 300 g di teff e mescolare.
Incorporare, poi, a filo acqua tiepida rimasta (175 ml), lavorando energicamente la pastella con una frusta.
Unire in ultimo il sale.
Mescolare fino ad ottenere una pastella liscia ed omogenea.
Coprirla con la pellicola trasparente e lasciarla riposare a temperatura ambiente.
Poiché la pastella dovrà fermentare, perché sia pronta occorreranno 2 giorni (l’ideale è prolungare fino a 3 giorni il tempo di fermentazione).
Trascorso il tempo indicato, versare in una ciotola la farina rimasta (200 g) ed unire il bicarbonato.
Portare a bollore 250 ml di acqua e versarla ancora calda a filo sulla farina, mescolando con una frusta.
La quantità d’acqua è puramente indicativa, in quanto è condizionata dalla capacità di assorbenza della farina.
Lasciare riposare per 10 minuti, quindi incorporare il miscuglio nella pastella fermentata.
Lasciare riposare ancora per un’ora.
La miscela di fermentazione nel frattempo si sarà gonfiata, avrà formato delle piccole bolle ed avrà la consistenza della pastella dei pancakes.
COTTURA DEL PANE INJERA
Fare riscaldare una crepiera rotonda antiadesiva.
In alternativa, utilizzare una padella dal fondo spesso.
Quando diventerà ben calda, ungerla di burro e versare un mestolo di pastella.
Appena compariranno delle piccole bolle sulla sua superficie, coprire la padella con un coperchio e proseguire la cottura per circa 1,5-2 minuti.
Il tempodi cottura è puramente indicativo, in quanto dipende dallo spessore dell’injera.
Non è necessario capovolgere il pane injera.
Esso man mano che cuoce diventerà di colore più scuro, assumendo una consistenza porosa.
Mettere via via i dischi di pane su un piatto o, preferibilmente su un vassoio di fibre intrecciate.
Impilare via via le injera l’una sull’altra, tenendole coperte con la pellicola alimentare per evitare che si asciughino troppo.
Servire la injera assieme allo zighinì.
Il “teff”, scritto anche tef (nome scientifico “Eragrostis tef ”) è un cereale privo di glutine originario del Nord-Est dell’Africa tropicale e precisamente degli altopiani dell’Etiopia e dell’Eritrea, dove viene coltivato e utilizzato da millenni per l’alimentazione umana.
Il teff è un’erba annua appartenente alla famiglia delle Poaceae e al genere Eragrostis.
La pianta è frondosa e raggiunge un’altezza di 150-200 cm.
Produce delle pannocchie lunghe dai 10 ai 65 cm, che contengono dai 10 ai 40 racemi.
Ogni pannocchia si dirama in numerose spighette (dalle 30 alle 1100)
I semi ellissoidali hanno dimensioni piccolissime (meno di 1 mm) e sono chiamati anch’essi teff.
Possono essere, a seconda della varietà, di colore giallo bianco o di colore rosso tendente al marrone scuro.
La seconda varietà è più facile da coltivare e per questo motivo è più diffusa e meno costosa.
I semi somigliano a quelli del miglio e della quinoa, ma essendo più piccoli cuociono in tempi minori.
I semi per le loro dimensioni sono ridotti in farina nella loro interezza, dando origine ad una farina completamente integrale.
Il teff, è ricco di aminoacidi essenziali, di fibre, di ferro, di calcio e di vitamine.
Ridotto in farina, il teff è l’ingrediente base per la preparazione della “injera” e della birra. “t’ella”.
Oltre che per l’alimentazione umana, il teff viene adoperato come foraggio per il bestiame.
Misto a fango, viene utilizzato per la costruzione di capanne.
Gli studiosi del settore ritengono che la coltivazione del teff si sia sviluppata in Etiopia tra il 4000 e il 1000 a.C.
Ritengono anche che la pianta coltivata abbia come antenato la versione selvatica della specie, chiamata “Eragrostis pilosa”.
Il termine “teff” deriva dalla parola amarica “t.ff” (teffa), che significa “perduto, perso”.
Tale nome probabilmente si riferisce alle dimensioni dei semi, che sono talmente piccoli da scivolare facilmente tra le dita, andando perduti.
Il berberè è una miscela di spezie e di aromi di cui si fa gran uso nelle ricette della cucina di Etiopia e di Eritrea.
La miscela tradizionale comprende semi di coriandolo, semi di cumino, semi di fieno greco, peperoncino rosso, cardamomo, pimento, aglio, chiodi di garofano, zenzero, ruta comune, cannella, ajowan e talvolta pepe nero lungo.
In Etiopia ciascuna famiglia prepara il berberé a proprio gusto, ma il risultato è sempre una miscela molto piccante nella quale non possono mancare il fieno greco, il peperoncino e il coriandolo.
Talora la miscela comprende anche erbe selvatiche che si trovano solo in Etiopia, come ad esempio il korarima.
In Europa il berberé viene talvolta utilizzato con la stessa funzione della paprika, rispetto alla quale ha un potere aromatico più sviluppato, ma un sapore meno piccante.
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